mercoledì 7 dicembre 2016

Le condizioni fisiche dei soldati

"Non ci sono domeniche o festività, in guerra è sempre giorno feriale.
Bisogna muoversi anche a gennaio dopo una grande nevicata, perché chi sta fermo troppo a lungo non sopravvive all’inverno. Per tirare avanti bisogna trasportare la legna a spalle nei ricoveri, spalare la neve giorno e notte, improvvisarsi minatori per sparire dentro la montagna.
La Guerra Bianca è veramente un doppio lavoro: da una parte si costruiscono strade, teleferiche, dormitori, cucine, camminamenti, gallerie e linee telefoniche, dall’altra parte si distruggono le identiche opere sul fronte opposto.
La cifra di tutto è l’incessante ed estenuante fatica degli uomini al fronte. Prima dell’angoscia, prima dell’odio, anche prima della nostalgia viene la fatica, e bisogna vederla per rimanerne stupiti. Le fatiche che fanno i nostri alpini non le saprebbe fare nessun altro."

fonte: "Il fuoco e il gelo" di Enrico Camanni

 


"A quelle quote la rarefazione dell’ossigeno impone sforzi molto maggiori del normale, anche solo per procedere in piano. Inoltre, l’irradiazione solare produce ustioni e oftalmie dalle quali bisogna proteggersi con aiuto di occhiali da neve."


"Era un inverno senza fine, assillato dalla neve, a volte da violenti temporali con fulmini e saette che correvano lungo i fili delle teleferiche o del telefono fino all’interno delle baracche e negli alloggi spesso sporchi e primitivi, tra i giacigli di paglia infestati dai pidocchi e da odori insopportabili."


"La vita dei soldati era ridotta ai bisogni primari, senza possibilità di lavarsi, di curare il proprio corpo, di liberarsi dal condizionamento di operazioni indispensabili alla sopravvivenza."


"Afflitti da malattie, freddo, carenza di igiene, malnutrizione, parassiti, solo gli animi più sensibili potevano cogliere certi aspetti di quella vita: alcuni ufficiali che disponevano di cultura e contatti col mondo letterario, poetico e giornalistico e che accennavano nei propri memoriali a sensazioni o a pensieri elevati, durante momenti di relativo riposo o di licenza."

fonte: “Battaglia per la Trafojer” di Giuseppe Magrin e Giovanni Peretti.






“In trincea i ritmi di vita erano capovolti: all'immobilità diurna si contrapponeva una febbrile attività notturna. Protetti dal buio della notte si mangiava un rancio avvizzito e freddo, a volte addirittura ghiacciato, e si lavorava alle corvè. Si piantavano picchetti, si scioglievano matasse di filo spinato, si scavavano trincee, si trasportavano casse di munizioni e di approvvigionamenti, si seppellivano i morti. Oppure si partecipava a pericolose missioni notturne nella terra di nessuno per aprire varchi nei reticolati, catturare prigionieri Oppure si partecipava a pericolose missioni notturne nella terra di nessuno per aprire varchi nei reticolati, catturare prigionieri o raccogliere informazioni sui nemici. Di giorno, invece, si stava pigiati uno sull’altro, infreddoliti, immersi nel fango, tormentati dai pidocchi: le condizioni igieniche erano terribili e l’aria irrespirabile, mista come era all’odore di terra umida e polvere da sparo, di sangue e di vomito, di sigarette e sudore, di urina ed escrementi, di lubrificanti per le armi e cadaveri in putrefazione. Per alleviare il problema dei pidocchi e degli altri parassiti che infestavano corpo e divise si ricorreva allo spulcia mento reciproco, che diventava così un’occasione di fraternizzazione. (circa il 49% proveniva dal Nord, il 23% dal Centro e il 17% dal Sud e l’11% dalle Isole)“


"Infine, se vi rimane ancora un po’ d immaginazione, provate a vedervi il riposo dei sopravvissuti, tra cadaveri, topi e fango, o le prime medicazioni ai feriti dilaniati o mutilati dalle esplosioni, che potevano solo sperare di sopravvivere abbastanza per essere smistati agli ospedali da campo nelle retrovie.”

fonte: "focus"




"I bisogni fisiologici più elementari vengono raramente soddisfatti, mentre gli sforzi fisici richiesti agli uomini, anche al di fuori delle fasi di combattimento sono intensi.
Lo sfasamento dei ritmi biologici provocato dall'inversione dei ritmi sonno-veglia e l'impossibilità di godere di una regolare alternanza tra cicli di attività e di riposo aggravano ulteriormente l'affaticamento. Soltanto i rari periodi di riposo prolungato nelle retrovie permettono un recupero reale.
Il fetore pestilenziale causato dalla presenza di deiezioni umane e dai fenomeni chimici provocati dalla decomposizione dei corpi insepolti possono spiegare questi casi di anoressia temporanea, anche se la sete è ciò di cui i soldati si lamentavano maggiormente.
La vita al fronte impedisce appunto all'organismo di vivere secondo una routine, riorganizzando 
quell'automatismo di gesti e percezioni che non permette di pensare al corpo."
Da "La Prima Guerra Mondiale" di Antonio Gibelli

fonte "La Prima Guerra Mondiale" di Antonio Gibelli



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